Ho conosciuto don
Andrea Gallo agli inizi degli anni ’80. In quel periodo con don Luigi Ciotti, insieme ad
altri sacerdoti, ci facemmo promotori di incontri per armonizzare l’azione di molte
comunità di accoglienza che in quegli anni stavano nascendo in Italia. A
distanza di trent’anni stanno lentamente scomparendo alcuni di quei
protagonisti. Figure carismatiche, amate dalla popolazione che le conoscevano,
accettate dalle autorità civili, appena sopportate dalla Chiesa locale, salvo
poi essere esaltate nel momento della morte.
Personalità forti, con grandi capacità comunicative e organizzative,
ritenute, nemmeno troppo sommessamente, “irregolari”. Non condannate, ma nemmeno
amate dalla comunità cristiana.
La stessa sorte ha subito don Andrea Gallo. Egli, salesiano
d’origine, s’accosta, dopo varie esperienze al mondo della marginalità, per
fondare nel 1975 la sua “Comunità di San Benedetto al Porto”. Inizia da lì la vicenda
che lo porta, anno dopo anno, a difendere nella sua “città” e anche in Italia,
tutte le condizioni di povertà e di marginalità che incontra.