19/11/12

Ma di quale società civile parla Italia futura?


Chi sta in periferia e guarda la tv e legge i giornali non comprende “il cuore” di Italia futura. Le parole, quelle sottoscritte da tutti, sono un riassunto di contraddizioni, messe insieme dai protagonisti: un movimento civico, liberale, popolare e riformista. Quale società civile, quale liberalismo, quale popolo e quali riforme? Gli stessi sottoscrittori sono mille miglia lontani, ciascuno, dalla cultura dell’altro. Montezemolo e Bonanni; Olivero e Giulia Buongiorno; Riccardi e Albertini. E ai futuri e possibili elettori, quale il programma offerto?
L’insistenza è sulla società civile. Con buona pace di tutti c’è chi si appropria di un soggetto che non può essere riassunto. La società civile è costituita da chi vive nei territori: dagli imbroglioni agli eroi, dagli ecologisti ai cacciatori, dai guerrafondai ai pacifisti. Appropriarsi di quel nome significa cercare una giustificazione – non richiesta – per nascondere le scelte del proprio movimento e immergerle in un quid generico che dia garanzia.

Liberale, nelle parole di Montezemolo, è mettere la patrimoniale sullo Stato; forse ha dimenticato di invocare quella sui patrimoni ricchi, ma non secondo la dichiarazione dei redditi (scarsi e contraddittori) dei singoli soggetti, ma andando a scovare quel 10 per cento che detiene oltre la metà della ricchezza del paese.
Invocare il popolo sembra essere sempre una buona ricetta. Ma anche il popolo ha una varietà infinita di cultura, di lavoro, di sicurezze, di futuro. Nulla è detto su quale frangia di popolo la proposta politica vuole tutelare.
Infine le riforme: ne occorrono molte. Forse – ad essere sinceri – se qualcuno le proponesse in termini espliciti riceverebbe scarsi consensi. Il paese è un agglomerato di privilegi fatti di caste, di territori, di storia e di sfacciataggine.
La proposta immediata è di sostenere un governo Monti-bis. Per carità, ciascuno ha una propria ricetta politica. Ci si aspettavano, per la verità, contenuti e idee sulle quali misurarsi. Gli appelli al cosiddetto centro, all’interclassismo, a formule antiche e vaghe è la scelta peggiore per chi ha a cuore una situazione precaria.
Infine una parola sul cattolicesimo sociale e politico. Todi1, Todi2 e ora gli studi sulla Tiburtina.
Povero cattolicesimo, costretto ad interessarsi del “centro moderato”, costituito da chi sta bene e vorrebbe sicurezze per rimanere tale. Eravamo abituati ad altro, ma noi non ci intendiamo di politica.

2 commenti:

  1. Carissimo don Vinicio,
    questo nuovo progetto politico - per quanto io ne intuisca - mi sembra demagogia pura. Un riorganizzarsi dei soliti noti e ignoti per assicurarsi un posto, una poltrona, nel futuro governo. Una corsa alla visibilità, al prestigio personale. Non si parla dei problemi reali della cosiddetta società civile. Si grida sopra le teste di tutti, tanto per frastagliare ulteriormente e tirare per la giacchetta i cosiddetti "cattolici moderati". Ma i veri credenti possono accettare, in buona fede, tutto questo squallore? I valori evangelici sono lontani anni luce da queste manovre tanto, troppo "terra terra".
    Un abbraccio
    Laura Badaracchi

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  2. quali sono le struttire partitiche attuali che in questi anni hanno fatto risuonare, senza tattiche e nel concreto, i "valori" del cattolicesimo sociale?

    Non dico i politici che, a titolo personale, hanno più o meno incarnato davvero il Vangelo, in politica...

    E se invece, con tutti i limiti del caso, questo progetto suggerisse (ad altri, ormai in ritardo) almeno un metodo per sdoganarsi, da un lato, dalle preferenze Cei (che tanto vogliono Alfano) e, dall'altro, dalla riserva indiana di quelli che poi vengono subito additati come "cattocomunisti" e irrilevanti e poi lì finisce la discussione?

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