20/09/07

Pd: il “sistema” è inquinato

All'on. Massimo D"Alema.
Caro Presidente, mi rivolgo a te, in quanto ti conosco come persona che crede alla politica, come scelta personale e come impostazione di pensiero, per esprimerti le ragioni di criticità rispetto alla formazione del nuovo PD.
Le motivazioni che hanno avviato il processo del nuovo partito mi sono sembrate generiche, curiali, tutte interne alla cerchia degli addetti, nonostante le affermazioni contrarie, tese a salvare la democraticità, la governabilità e lo sviluppo del paese. In parole esplicite che si cambi sistema, perché il sistema continui.
Mi sembrano tre i grandi nodi della criticità.
Il primo, la genericità dei contenuti: non si comprende "prima” della formazione del Pd quale dovrebbe essere la “nuova politica”. Si appella alle grandi tradizioni del cattolicesimo, del socialismo e del pensiero liberale, ma per l’oggi non si riesce a capire che cosa la sintesi produce.
Da qui l’insistenza sulle formule del governare che, sinceramente, appaiono stucchevoli e interessate.
L’agire politico dovrebbe progettare il futuro del paese: se i compromessi, le sfumature, la concordanza delle discordanze è infinita, il risultato è il nulla. Esempi infiniti di equilibrismo: Stato-mercato; laicità-religiosità; scienza-morale; sviluppo-ecosistemi; nord-sud … Rimane la domanda sulla sintesi.
Il secondo nodo riguarda la mancanza di idealità: altri la chiamerebbero mancanza etica dell’agire politico. E’ di comune esperienza il fenomeno dell’aggregazione politica per interessi, oggi diventata dilagante. Pletore di addetti, molti dei quali non proprio “aquile reali”, pronti a candidarsi, per passare all’incasso, in caso di vittoria. Troppe candidature verso il nuovo PD sono “novità che vengono dal passato”. Per non parlare di forti sistemi di interessi sempre pronti allo scambio. Sembra che l’asse dell’agire politico sia orientato a governare, dimenticando il proporre: il programma diventa una variabile dipendente del consenso. Così la politica muore. Conosciamo l’obiezione di chi dice che ogni politica tende al governo. Rispondiamo: a condizione che ci sia una proposta su cui orientarsi, altrimenti vale l’indicazione di salire sul carro del vincitore.
Infine il rapporto con la cosiddetta società civile. Conosco bene il tuo pensiero tutto orientato a vantaggio dei partiti (ricordo l’intervento a Gargonza nel marzo del 1997). Rimane la domanda di chi fa la saldatura tra il popolo e la sua classe dirigente, se essa vive oramai un habitat inquinato.
Non si tratta di buone o cattive qualità e/o volontà singole: è saltato il sistema. Solo grandi boccate di aria pura riusciranno a dare slancio e prospettive.
Da che parte cominciare? Da un programma che parli di un’Italia ricca (sic!), moderna e giusta. Il benessere è la prima attesa di ogni popolo, purché si eliminino sprechi, parassitismi, localismi. Per questo occorre molta giustizia: verso tutti e con tutti. Con persone disposte a donare oltre quanto ricevono.
Il rischio non è la non politica, come in questi giorni qualcuno adombra, ma il populismo che, con il consenso esasperato del popolo, prometterà di sistemare le cose.

Buon lavoro

04/09/07

Almeno, cari Sindaci, non invocate la giustizia

Ai Sindaci di Roma, Torino, Bologna, Firenze
Gentilissimi Signori, uomini di sinistra, improvvisamente, vi siete svegliati attivandovi perché le vostre città (città grandi) godessero di sicurezza.
Vi siete accorti dei lavavetri, della micro e macro criminalità, dell'immigrazione clandestina, delle vendite abusive, della prostituzione e avete deciso di dire basta, invocando il rispetto delle regole.
Gli abitanti delle vostre città hanno detto: finalmente, era ora. Non avendo altri strumenti avete invocato la legge penale, pensando di fare cosa giusta.
Il lato debole delle vostre recenti iniziative è il doppio passo che usate costantemente nei confronti dei cittadini che amministrate.
Voi non invocate sempre legalità, ma sopportate molte illegalità sul vostro territorio, quando esse sono a beneficio degli abitanti "doc”: abusivismo nell"edilizia, nel commercio, nella pubblicità, nell’uso dei beni pubblici, nell’accoglienza etc.
Non controllate, come dite, il vostro territorio, ma sopportate (e alimentate) una diffusa legale illegalità. Siete molto prudenti o assenti nei confronti dei ceti che contano: diventate severi se i livelli di illegalità “disturbano” l’equilibrio dell’illegalità nostrana.
Le vostre città vivono e prosperano con l’apporto degli stranieri, italiani e non. Siete stati assenti nel garantire il rispetto delle regole per gli studenti fuori sede, per gli immigrati lavoratori, per i turisti, per le prostitute di infimo bordo. Come sempre accade non avete iniziato dalla testa, ma dalla coda. Era più semplice sforbiciare gli estremi. Con le vostre iniziative vi ponete nell’antica tradizione della tutela dei benestanti: avrete consensi e il pensiero unico vi accompagnerà per le prossime amministrazioni.
Abbiate almeno il buon senso di non invocare giustizia, ma il diritto dei più a non essere disturbati. Così il prezzo della bottiglietta di acqua delle vostre città continuerà a salire nel prezzo; come il posto letto per lo studente fuori sede. Il costo dei parcheggi andrà alle stelle e le multe ingrasseranno le casse municipali. Gli immigrati lavoratori continueranno a vivere nelle stamberghe abbandonate e le prostitute povere avranno, finalmente, strade tutte loro. E se sono minorenni, pazienza.
Non occorreva essere geni per capire che i grandi movimenti di popolazioni avrebbero trascinato anche irregolari e delinquenti: avete invocato il libero mercato, lamentandovi poi delle sue distorsioni. Non si tratta di ingenuità, ma di furbizia.
Non è esattamente la politica sociale che sognavamo: ma ogni sogno invoca speranza e a questa continuiamo ad appellarci.

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