16/03/04

Nulla da discutere

Recentemente il governo ha chiesto di dialogare con le forze sociali, i sindacati e con l'opposizione su diverse materie: terrorismo, risparmio, pensioni, giustizia. Non sappiamo se il dialogo avverrà e con quali risultati. 
Di certo nessuna compagine governativa ha chiesto di discutere di sociale. Pietra miliare della volontà politica rimane il combinato del decretone (269/2003) con la finanziaria 2004 che ha ridotto del 29% (da 1.716 a 1.215 milioni di euro) il Fondo nazionale complessivo per le politiche sociali, pur non avendo toccato la quota trasferita a Regioni e Comuni (896 milioni più i 100 originariamente destinati ai nuovi asili nido). Un taglio nemmeno compensato da provvedimenti a sostegno della maternità (2° figlio) e delle famiglie per l'accesso alle scuole private. In sostanza si è trattato di un travaso di risorse, con l'accortezza di nascondere la minore disponibilità. 
Questi dati indicano, senza ombra di dubbio, che la sensibilità delle politiche governative sul versante del disagio e delle povertà è zero. L'attenzione politica è volta ad altri interessi e interlocutori. Anche i due interventi significativi sociali, quali l'immigrazione e le droghe, sono diretti infatti non ai soggetti interessati, ma al resto della popolazione che da questi fenomeni deve essere tutelata. Così sarà, tra poco, per la riforma psichiatrica. 
Le conseguenze da trarre non sono difficili. Quel poco che rimane dei "tavoli" del welfare ancora in piedi non è nemmeno accademia. Chi, per motivi anche personali, vi partecipa perde tempo e denaro per il viaggio. 
La cosa più grave è che non si avvertono all'orizzonte governativo né tentennamenti, né rimorsi. I poveri, gli esclusi, gli anziani, i non autosufficienti non fanno parte di attenzione politica: sono solo peso eccessivo - da cui le minori risorse - dei quali "purtroppo", per dovere istituzionale, occorre occuparsi. 
Chi, nonostante i dati, insiste nel voler "dialogare" commette un duplice errore. Il primo è quello di dare credibilità a chi non fa nulla per meritarla; il secondo - gravissimo - è quello di tradire la causa per la quale lavora. 
Nel dialogo infatti si presuppone la volontà politica di fare: il dialogo serve a discutere i modi e i destinatari dell'azione. Di fronte al disinteresse, sono gravi le apparenze di interesse. Né si aggiunga la circostanza della sopravvivenza (il celebre "qualcosa" da riportare a casa): di fronte al nulla, il qualcosa non esiste.

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